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Valutazione delle Scuole: a chi toccherà compilare i RAV?

lentepubblica.it • 18 Febbraio 2015

Qual è la struttura del RAV e come si compila. Una guida alle 5 sezioni, una riflessione su ognuna di esse, indicazioni su chi dovrà occuparsi della grande mole di lavoro richiesta alle scuole.

In questa prima fase, anno scolastico 2014/2015, le scuole elaboreranno il RAV  il cui format, di competenza dell’INVALSI, comprende:

  • dati informativi e statistici sugli aspetti fondamentali del funzionamento delle istituzioni scolastiche (livelli di apprendimento, organizzazione didattica, esiti scolastici, utilizzo delle risorse umane e finanziarie) messi a disposizione dal Ministero su “Scuola in chiaro”, dall’INVALSI e da altri soggetti istituzionali (Istat, Ministero del Lavoro)
  • una sezione per le ulteriori informazioni di competenza diretta delle scuole.

Il RAV comprende 5 sezioni: contesto, esiti, processi, processo di autovalutazione e individuazione delle priorità; ogni sezione è divisa in aree che a sua volta comprendono Indicatori e Descrittori, nonché l’indicazione delle Fonti di provenienza dei dati.

La mappa degli indicatori RAV annovera ben 49 indicatori. Nessun indicatore è fornito per le competenze chiave e di cittadinanza e spetterà quindi alle scuole definirli sulla base del curricolo trasversale elaborato. Accanto agli indicatori predeterminati dal format, uguali per tutte le scuole, vi è uno spazio specifico in cui ogni singola scuola potrà inserire i propri indicatori, scelti ad hoc, sulla base del contesto di riferimento. La scelta degli indicatori da parte delle scuole è un momento delicato perché ne comporta la definizione tenendo conto del contesto analizzato in ogni ambito specifico richiesto dal RAV. Si potrebbe aggiungere che è uno stadio di grande responsabilità.

Per ogni area è data all’inizio una definizione sintetica cui seguono una serie di domande guida che hanno lo scopo di stimolare la riflessione sui risultati raggiunti dalla scuola in quello specifico settore.

E’ richiesta anche, sulla base dei dati e delle evidenze disponibili, una descrizione delle opportunità e dei vincoli per la scuola e per determinate aree, una delineazione dei punti di forza e debolezza nonché l’attribuzione di un giudizio complessivo, sintetizzato dall’assegnazione di un livello desunto da una Rubrica di valutazione indicante il criterio di qualità; i giudizi vanno da 1 a 7 e possono identificare una situazione “molto critica n.1, con qualche criticità n.3, positiva n.5, eccellente n.7”; mancano i giudizi che descrivono le situazioni 2, 4, 6, per i casi delle scuole che si posizionano in una determinata situazione solo in ordine ad alcuni aspetti, fermo restando il fatto che ogni scelta deve essere giustificata in modo oggettivo. Non basta per le scuole assegnarsi un giudizio dacché è richiesta anche la motivazione del giudizio assegnato. Si tenga presente che nel Rapporto di autovalutazione, Guida all’autovalutazione, Invalsi del novembre 2014 è espressamente scritto che “è necessario che i giudizi espressi siano esplicitamente motivati in modo da rendere chiaro il nesso con gli indicatori e di dati disponibili”; per la formulazione del giudizio, nello stesso documento , è indicato di attenersi ai criteri di “completezza, accuratezza, qualità dell’analisi”.

La prima sezione “contesto e risorse” invita le scuole ad esaminare il contesto allo scopo di rilevare quali siano i vincoli e le opportunità funzionali al miglioramento dei risultati degli studenti. E’ una fase di autoanalisi che ingloba una lettura accurata del contesto sia in riferimento alla popolazione scolastica sia riguardo al territorio; per quest’ultimo diventa fondamentale saper individuare le valenze educative, socioeconomiche e culturali e far emergere come queste ultime si coniughino con l’organizzazione scolastica e l’offerta formativa; dunque quanto sia importante l’apporto educativo e formativo del territorio.

La seconda e terza sezione sono quelle degli “esiti” e dei “processi” ; la seconda riguarda il focus sui risultati scolastici degli studenti, sia interni che quelli risultanti dalle prove standardizzate nazionali; si rimanda anche ai risultati a distanza e alle competenze chiave di cittadinanza; nella terza sezione si intende indagare sulle pratiche educative, didattiche, gestionali e organizzative agite dalla scuola.

Attraverso la sezione “processi” si viene a toccare il cuore del curricolo e dell’offerta formativa, la progettazione didattica, la valutazione degli studenti, l’ambiente di apprendimento, l’inclusione e la differenziazione, il recupero e il potenziamento, la continuità, l’orientamento e soprattutto la leadership educativa del dirigente scolastico, le sue competenze manageriali, la valorizzazione delle risorse umane, la vocazione della scuola sul territorio e i rapporti con le famiglie.

Quella dei processi è davvero una sezione interessante perché gli occhi devono essere ora puntati sull’espressione dell’evidenza, in effetti non basta solo descrivere lo stato dell’arte, sui molteplici piani della vita scolastica che si intrecciano in questa parte del RAV, ma occorre motivare ciò che si afferma.

In questo ambito del RAV è significativo rapportarsi al Piano dell’offerta formativa, il documento dell’identità culturale e progettuale della scuola che in teoria dovrebbe rappresentare una fotografia aggiornata dell’esistente e perciò il punto di partenza dell’autovalutazione, tenendo conto che esso contiene la progettazione educativa e didattica, declinata in obiettivi di apprendimento. Il POF diventa infatti un valore di riferimento imprescindibile e in questo caso il Rapporto di autovalutazione potrebbe rivelarsi utile anche per ammodernare tali documenti-tipo, che in molti casi, non presentano una descrizione oggettiva della realtà, enfatizzando il più delle volte il ruolo svolto dalla scuola e nella maggior parte dei casi non offrendo una valutazione dei risultati, potendo oggi essere considerati del tutto obsoleti, rispetto al ruolo assegnatogli dal legislatore ex art.3 del DPR n.275 del 1999. In aggiunta al fatto che, nei tempi recenti il POF, dovrebbe parimenti contenere l’estrinsecazione della leadership e del management del dirigente scolastico, promotore degli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi ex art.25 del D. Lgs. 165 del 2001.

Ricordiamo che la sezione processi prevede: “orientamento strategico e organizzazione della scuola, sviluppo e valorizzazione delle risorse umane”, e chi meglio del dirigente potrebbe rappresentare questi aspetti anche nel POF, tra l’altro richiesti anche dal Rapporto di autovalutazione. In questo caso si potrebbe parlare di reale impulso dato all’autonomia scolastica, perché chi meglio del rappresentante dell’istituzione scolastica può dare significato ai rappresentati e a ciò che viene rappresentato? Il POF va sicuramente svecchiato dal suo significato primigenio e quale migliore occasione offerta dall’autovalutazione.

La complessità delle due sezioni induce a pensare che tale processo di autovalutazione non possa essere condotto a priori solo dall’esigua unità di valutazione indicata nella Circolare n.47 del 2014, perché se così fosse il RAV sarebbe già etichettato come l’ennesimo espletamento burocratico richiesto alle scuole, annientato senza mezzi termini il vigore propositivo che deve al contrario contrassegnare l’autoanalisi di istituto. Si rimetta questa responsabilità nella mani dei dirigenti scolastici, quelli più meritevoli sanno che la cura dell’istituzione scolastica per portare i suoi frutti deve avvalersi di un progettazione top-down e bottom-up. Nessuno è escluso dalla corsa in atto e quindi l’unità di valutazione è solo un organo tecnico il cui supervisore è il dirigente scolastico, con licenza di programmare e di gestire il processo di autovalutazione secondo modalità condivise. Se si intende sondare all’interno di determinati meccanismi dell’istituzione scolastica ed implementare un piano di miglioramento è più che giusto il coinvolgimento diretto di tutti, secondo una modalità di azione partecipata e co-gestita dall’unità di valutazione, individuata in seno al collegio dei docenti.

La quarta sezione riguarda il “processo di autovalutazione” ed è una fase in cui gli agenti del RAV dovranno valutare se stessi, indicando le difficoltà incontrate e soprattutto andare a scartabellare gli interventi autovalutativi agiti dall’istituzione scolastica in passato. Veramente qui bisogna mostrare le carte e dare contezza di ciò che si è fatto precedentemente in termini di valutazione di istituto. Ecco che a questo punto le istituzioni scolastiche dovranno svegliarsi dal lungo sonno dell’autonomia. Del resto questo è ciò che si evince leggendo la Circolare n.47 del 2014 ove è scritto che il procedimento di valutazione ex Direttiva n.11 del 2014, intende “completare dopo, quasi quindici anni, il disegno tracciato dal regolamento dell’autonomia scolastica adottato con DPR n.275 del 1999”.

E’ altresì il momento in cui si chiede all’unità di valutazione di delineare le criticità riscontrate nella lettura degli indicatori, nella raccolta e nell’analisi dei dati della scuola e nella fase di interpretazione dei dati e nella espressione dei giudizi. Si tace al contrario sulla modalità di conduzione della redazione del RAV e sulle scelte operate dalla singola istituzione scolastica nella realizzazione di questo compito oneroso. Si ha come l’impressione che in questo stadio del processo, il procedimento di valutazione, innescato con il DPR n.80 del 2013, voglia in qualche modo raccogliere proposte per future azioni correttive. Deludente lo spazio concesso per rilevare eventuali esperienze pregresse di autovalutazione (max 1000 caratteri spazi inclusi) che fanno pensare ancora di più al fatto che il pacchetto autovalutazione sia già predeterminato a priori giacché importano poco le strade intraprese dalle scuole nel passato.

La quinta sezione è nominata “individuazione delle priorità” che sarebbero le intenzionalità della scuola per il futuro, scaturite dall’analisi compiuta, guardando al miglioramento che si intende raggiungere, in relazione agli esiti degli studenti; gli esiti possono fare riferimento ai “risultati scolastici, risultati delle prove standardizzate, competenze chiave e di cittadinanza, risultati a distanza”; per ognuna di queste aree degli esiti è richiesto di scegliere quale delle quattro si vuole affrontare; dare una descrizione delle priorità individuate che si intendono perseguire cui devono corrispondere dei traguardi di lungo periodo che rappresentano le mete a cui la scuola guarda durante l’azione di miglioramento.

Ancora una volta diventa importante per l’intera comunità conoscere la meta dove si vuole arrivare. I traguardi devono essere determinati attraverso degli obiettivi di processo che “rappresentano una definizione operativa delle attività su cui si intende agire concretamente per raggiungere le priorità strategiche individuate. Essi costituiscono degli obiettivi operativi da raggiungere nel breve periodo (un anno scolastico) e riguardano una o più aree di processo”.

Gli obiettivi di processo sono dunque le azioni da attivare per raggiungere le priorità strategiche individuate e fanno riferimento ad altrettante aree di processo quali curricolo, progettazione e valutazione, ambiente di apprendimento, inclusione e differenziazione, continuità e orientamento strategico e organizzazione della scuola, sviluppo e valorizzazione delle risorse umane, integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie. E’ importante che l’individuazione delle priorità scaturisca dai punti di debolezza evidenziati durante l’analisi in quanto sarebbe assurdo descrivere prima rose e fiori e non avere poi nulla da indicare come obiettivo di miglioramento, tutt’al più che ogni scelta deve essere motivata. E più che mai in questo momento delicato di elaborazione del RAV occorre che ogni scelta sia ben condivisa da tutti e non solo dalla ristretta rosa di cui si compone l’unità di valutazione.

Dalla breve descrizione della struttura del RAV risulta evidente come lo scopo sia alto e la grande mole di lavoro richiesta alle scuole non potrà certamente essere condotta esclusivamente dall’unità di valutazione, così come indicata dalla Circolare 47 che individua quali membri il dirigente scolastico, il docente referente della valutazione e uno o più docenti con adeguata professionalità individuati dal Collegio dei docenti. La descrizione di aspetti dell’organizzazione e della gestione scolastica richiedono infatti di interfacciarsi adesso con molteplici ambiti della vita della scuola – non solo gli esiti degli apprendimenti, focus delle azioni migliorative – ma di puntare il dito su altri aspetti che contribuiscono a mettere in moto la macchina amministrativa e, per quanto di competenza, offrire adesso ciascuno il suo.

Per questo è importante una scelta partecipativa e condivisa di stampo collegiale affinché tutti siano consapevoli del compito richiesto e che non è per nulla praticabile delegare in toto il processo di autovalutazione all’unità di valutazione, proprio perché un gruppo ristretto di soggetti non potrebbe che essere autoreferenziale, non potendo rappresentare collegialmente tutti. I molti non possono essere dunque rappresentati dai pochi scelti nell’unità di valutazione. Anzi, nominata la suddetta unità, al contrario, sarebbe utile aspettarsi da essa un piano di organizzazione all’azione, in grado di coinvolgere veramente tutte le componenti della comunità scolastica.

 

 

 

FONTE: Orizzonte Scuola (www.orizzontescuola.it)

AUTORE: Katjuscia Pitino

 

 

 

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